In seguito alla crisi da Coronavirus hai molto sentito parlare di “emergenza NPL” e vorresti capire meglio in che cosa consiste e quali conseguenze potrebbe produrre sul nostro sistema economico? Allora sei nel posto giusto, perché in questo articolo troverai tutto ciò che devi sapere sugli NPL, sull’attuale situazione in Italia e sulle strategie più promettenti per riuscire a contenere il fenomeno!
NPL: acronimo e significato
NPL è l’acronimo di non-performing loans, un termine inglese che tradotto letteralmente significa “crediti non performanti”. In buona sostanza, si tratta dei crediti deteriorati, ovvero di quei prestiti che i creditori faticano a recuperare, solitamente perché il debitore si trova in una situazione di difficoltà finanziaria e non riesce quindi a pagare le rate di rimborso e gli interessi.
Come si fa a stabilire quando un credito deve essere classificato come NPL? In proposito, la Banca d’Italia e l’Autorità Bancaria Europea hanno stabilito dei parametri ben precisi. C’è anche da dire che gli NPL si suddividono a loro volta in tre sottocategorie, in base all’effettiva probabilità di riuscire a recuperare almeno parzialmente il credito:
· Past-due exposures (esposizioni scadute): il debitore non è riuscito a pagare regolarmente le rate e/o gli interessi relativi al prestito negli ultimi novanta giorni. La sua situazione di difficoltà è tuttavia ritenuta solo temporanea, si stima che abbia buone probabilità di riuscire a saldare gli scoperti in un secondo momento e di continuare a saldare regolarmente le rate future.
· Unlikely to pay (crediti UTP): ci troviamo in una situazione in cui il creditore va incontro a un rischio maggiore rispetto al caso precedente. Infatti, la condizione finanziaria del debitore lascia presagire che potrebbe incontrare delle difficoltà più serie a saldare gli importi scoperti.
· Bad loans (sofferenze bancarie): in quest’ultima sottocategoria rientrano i crediti considerati più difficili da recuperare. Il debitore si trova infatti in una situazione di insolvenza, cioè non appare più in grado di rimborsare il prestito nemmeno nel medio e lungo termine.
Ora che sai cosa sono gli NPL e conosci le sottocategorie in cui si suddividono, c’è un’altra precisazione che vorremmo fare: i creditori – che si assumono il rischio di non recuperare più i prestiti concessi – possono essere società e organizzazioni di varia natura, ma principalmente si tratta di banche. Come probabilmente saprai, la concessione di prestiti è una delle attività fondamentali degli istituti bancari ed è quindi normale che siano gli attori più esposti al fenomeno degli NPL.
NPL in Italia: i dati principali
A questo punto, magari avrai già intuito perché negli scorsi anni, ma ancora di più con l’arrivo della crisi da Coronavirus, si sia tanto parlato di “emergenza NPL” nel nostro paese. Del resto, basta dare uno sguardo ai numeri per capirne il motivo.
A gennaio 2020, quindi in una situazione pre-Covid, gli NPL lordi nel nostro paese ammontavano complessivamente a 325 miliardi di euro: 246 di questi erano classificati come bad loans e i restanti 79 come UTP. Si tratta di cifre abbastanza impressionanti, accompagnate però dalla messa in atto di strategie che negli scorsi anni hanno permesso di ridurre in modo significativo lo stock di NPL in seno alle banche. Una di queste è costituita dalla cessione di questi crediti ad altri soggetti, di cui parleremo più nel dettaglio nei prossimi paragrafi.
Il lock-down dovuto al Coronavirus ha però cambiato nuovamente le carte in tavola e attualmente si stima che gli NPL in Italia potrebbero aumentare addirittura fino a 100 miliardi di euro. Se questa previsione dovesse realizzarsi, si tratterebbe di un bel colpo per il nostro sistema bancario, che bisognerà cercare di parare implementando delle nuove modalità di gestione più sostenibili.
Perché gli NPL sono un problema per le banche italiane
Già, ma perché gli NPL sono così problematici, in particolar modo per le banche? Fondamentalmente, il principio è molto semplice. Immagina di prestare dei soldi a un amico, che però non riesce a restituirteli. La cosa potrebbe crearti dei problemi: magari dovresti rinunciare alle vacanze estive, ad acquistare una macchina nuova o, peggio ancora, potresti ritrovarti in difficoltà più serie e non riuscire a pagare le bollette, il mutuo o l’affitto.
Certo, per le banche non vale proprio lo stesso discorso, perché si tratta di istituti finanziari con le spalle ben coperte. Ma solo fino a un certo punto: se cominciano a trovarsi con diversi milioni o addirittura miliardi di euro di prestiti non rimborsati, anche loro possono andare incontro a serie difficoltà.
Considera comunque che, proprio per scongiurare il rischio di fallimento degli istituti bancari, la Banca d’Italia e la BCE hanno fissato tutta una serie di regole, come quella relativa agli accantonamenti. In parole semplici, le banche devono tenere da parte del denaro a garanzia dei crediti deteriorati. Se da una parte gli accantonamenti contribuiscono ad assicurare la stabilità finanziaria, è anche vero che le banche non hanno la possibilità di utilizzare quel denaro, non possono prestarlo e, di conseguenza, non possono nemmeno realizzarvi un guadagno.
Questo per farti capire che le banche hanno un grande doppio svantaggio dagli NPL: da una parte, il rischio di non recuperare più una parte del denaro che hanno prestato, e dall’altra l’impossibilità di prestare il denaro destinato agli accantonamenti.
Cos’è l’NPE ratio
Veniamo ora a un altro termine che sicuramente ti sarà capitato di leggere sui vari quotidiani e che forse non ti è completamente chiaro: l’NPE ratio.
Per prima cosa, NPE è l’acronimo di Non Performing Exposures, che sta a indicare l’ammontare complessivo di NPL detenuti da una banca.
La NPE ratio non è altro che la quota di NPL (espressa in percentuale) detenuta da una banca in rapporto al totale dei prestiti che questa ha concesso ai suoi creditori. Si tratta quindi di una misura del grado di esposizione di una banca ai crediti deteriorati.
Perché con il Coronavirus si è tornati a parlare di “emergenza NPL”
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che, pur essendo di proporzioni importanti, negli ultimi anni il fenomeno degli NPL è stato gestito in modo piuttosto efficiente. La crisi da Coronavirus ha però generato il rischio di una nuova ondata di crediti deteriorati.
Il motivo non è difficile da immaginare: tante imprese e tante famiglie si sono trovate a dover fronteggiare una crisi di liquidità, che purtroppo in diversi casi rischia di non essere solo provvisoria. In particolare, il lock-down ha imposto la chiusura temporanea di molte attività, che in quel periodo non hanno potuto né produrre né vendere. Proprio l’eccezionalità di questa situazione ha portato diversi attori del nostro sistema economico a non riuscire più a tenere fede ai loro impegni finanziari.
Il nostro governo è intervenuto con tutta una serie di provvedimenti volti a sostenere le imprese e le famiglie in questo periodo di difficoltà, ma purtroppo non è detto che questi basteranno a frenare la nuova ondata di NPL che rischia di investire il nostro paese.
NPL management: le principali strategie
Per concludere, vogliamo cercare di dare una risposta a questa domanda: c’è qualcosa che possiamo fare? Esiste un modo per contenere l’emergenza NPL?
Di questo si è parlato moltissimo, proprio in corrispondenza della crisi da Coronavirus. Una delle strategie più comuni per liberare le banche dal peso degli NPL è quella della cessione: gli istituti bancari vendono le loro quote di crediti deteriorati a delle società specializzate nel recupero crediti e in questo modo riescono in buona parte a risanare i loro bilanci.
Il problema è che il fenomeno degli NPL non interessa soltanto le banche, ma l’intero sistema economico e, in definitiva, la società. Ogni impresa che non riesce a risanare la sua situazione finanziaria va incontro all’eventualità concreta del fallimento e questo significa meno produttività, meno posti di lavoro e meno gettito fiscale. Una situazione che, se dovesse estendersi su larga scala, rischierebbe di impoverire notevolmente il nostro paese.
Proprio per questo motivo, quando si parla di recupero degli NPL, il fattore sostenibilità è ormai diventato prioritario. Fino a questo momento, la cessione dei crediti deteriorati ha coinvolto quasi esclusivamente grandi società che acquistano pacchetti di svariati miliardi di euro. Ultimamente però si è iniziato a comprendere l’importanza di preservare il valore di questi crediti e di privilegiare quindi i piccoli e i medi investitori interessati non tanto a salvare il salvabile ma a concentrarsi sulla ripresa dei beni e delle attività economiche sottostanti. Questa, a detta di molti esperti e anche in base alla nostra opinione, sembra essere la strada giusta. Nel prossimo futuro, avremo modo di verificare se questa strategia saprà rivelarsi davvero efficace.
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